Il dipinto mostra due giovani pastori che osservano un teschio, con un topo e una mosca, situati su un ceppo con l'incisione "Et in Arcadia ego" ("Anche io [sono stato] ad Arcadia"). Tali parole sono un riferimento alla Morte. La frase appare per la prima volta nell'arte e nell'architettura proprio in questo lavoro.
L'iconografia del tema del memento mori simbolizzata in arte attraverso il teschio era popolare a Roma e a Venezia sin dal Rinascimento. Questo dipinto è direttamente connesso all'Apollo e Marsia che Guercino dipinse nel 1618 per il Gran Duca di Toscana (Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze): entrambe le rappresentazioni includono lo stesso gruppo di pastori. Si crede che Et in Arcadia Ego non avrebbe potuto esistere come composizione indipendente prima del dipinto fiorentino, e dunque deve essere stato eseguito in seguito.
In questo dipinto, Guercino trasforma i rustici spettatori in protagonisti di un autarchico tema moralizzante. Un'efficace esplorazione del memento mori è conseguita con l'aggiunta del teschio, con il verme, la mosca e l'iscrizione "Et in Arcadia ego".
L'iconografia del memento mori in un'ambientazione pastorale, derivata dalle Ecloghe virgiliane, era molto famosa nell'arte romana e veneziana a partire dal Rinascimento; ma qui è per la prima volta esplicitamente spiegata attraverso l'aggiunta dell'iscrizione.