L'occhio by Salvador Dalì - 1945 collezione privata L'occhio by Salvador Dalì - 1945 collezione privata

L'occhio

Olio su tela •
  • Salvador Dalì - 11 maggio 1904 - 23 gennaio 1989 Salvador Dalì 1945

L’Io non è altro che un riflesso della mente. L’assassino e il santo sono in stanze diverse anche se nello stesso spazio. Con percezioni esposte all’interpretazione, entrambi dipingeranno lo scenario secondo i colori della loro memoria, esperienze, emozioni ed inconscio. Queste sono le stesse entità che guidano le nostre azioni, motivano le nostre scelte, nutrono le nostre paure… Quindi è il corpo che governa la mente o è la mente che governa il corpo? “Questo ragazzo sembra un fanatico”, disse il padre della psicologia, Sigmund Freud, riferendosi al giovane artista che stava eseguendo il suo ritratto. Non immaginava che quell’eccentrico e aspirante ragazzo che dipingeva di fronte a lui, sarebbe stato, come lui, un simbolo di ciò che si trova al di là del conscio. Se Freud è colui che ha sconfitto il regno del corpo sulla mente, Dalì è il pittore dei sogni. Il contenuto che Freud ha aperto all’interpretazione, Dalì lo ha interpretato. Salvador Dalì morì all’età di due anni a Catalogna in Spagna. Suo padre, Salvador Dalì, chiamò suo figlio come quello precedentemente morto e come se stesso, Salvador Dalì. La sua forte personalità irruppe in età precoce, tanto quanto il suo talento: all’età di 16 anni, mentre studiava all’Accademia d’Arte di San Fernando, a Madrid, attrasse l’attenzione con i suoi lunghi capelli, la cravatta, le calzette alte e le lunghe giacche. Fu espulso dall’Accademia dopo aver dichiarato che nessuno era abbastanza capace di valutare il suo lavoro. Nonostante il suo gran rispetto per i Maestri (si dice che i suoi iconici baffi siano un tributo a Velázquez), Dalì lodava il genio sopra le istituzioni. Quando si trasferì a Parigi, ad esempio, disse a Picasso: “Sono venuto a visitare te prima di visitare il Louvre”. Individualista per natura, Dalì ignorava perfino il gruppo considerato d’appartenenza dichiarando che “la sola differenza tra i surrealisti e me è che io sono il Surrealismo”. Anche se non convieni con la sua personificazione del Surrealismo, Dalì praticava uno stile di vita surrealista, stravagante e appassionato, personificando la frontiera tra sogno e realtà. Perfino il suo modo di lavorare era inteso a spezzare il confine del sogno: una delle sue tecniche era quella di sedersi su una comoda poltrona tenendo in mano un cucchiaio su un piatto di latta e nel momento in cui s’addormentava il cucchiaio cadeva quindi si svegliava per catturare le immagini sognanti della sua mente inconscia. I paesaggi, gli animali, le forme, la simbologia di questi temi e la relazione tra gli elementi avrebbe rivelato un significato profondo, come il sogno rivela l’Io – una manifestazione della vera persona, libera dai legami della coscienza. Dalì mi fa realizzare quanto soli e incompresi siamo. Qualsiasi parola che leggiamo, suono che udiamo, dipinto che ammiriamo, risuonerà sempre con il senso che personalmente gli diamo. La comunicazione non è mai veramente efficace in quanto sentiamo e vediamo cose diverse provenire dalla stessa fonte. Sconosciuto anche a noi stessi – più cerco di capire me stesso meno comprendo le mie azioni. Dalì mi trasmette che ciò va bene, finché continuiamo ad esplorare i nostri sogni.

Artur Deus Dionisio

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